venerdì 22 marzo 2019

Omologazione stilistica, linguaggio standardizzato. E’ così che gli esordienti devono scrivere?



     Sul Web fioriscono ogni giorno siti di scrittura creativa per aspiranti scrittori, come se non bastassero quelli che si possono frequentare con persone reali, e sembra che tutti siano presi dalla mania di scrivere, mentre di leggere non se ne parla. Falso. Ogni giorno fioriscono gruppi di lettura e sono ancora in parecchi a leggere. Di nuovo c’è magari che con l’avvento di internet i lettori vogliono dire la loro e lo fanno spesso in qualità di recensori o frequentatori di blog, e così scrivono pure.
     Gianni Riotta ci ha ricordato in un tweet recente, probabilmente per lamentarsi della scarsa qualità dei romanzi in circolazione, che si leggono troppi cattivi thriller invece di letteratura più impegnata. Beh, Gianni, non c’è bisogno di ricorrere alla sociologia per capire che il fenomeno è storico. Negli anni 50, con la guerra fredda, negli Stati Uniti e non solo, pullulava la fantascienza per esorcizzare la paura dell’invasione dal pianeta “rosso”.
     Oggi certa “paraletteratura” serve come evasione e intrattenimento per menti disimpegnate oppure risponde ad esigenze precise? La casalinga legge di feroci serial killer per esorcizzare la paura di cosa potrà accaderle in metropolitana o mentre accompagna il figlio a scuola?  Forse cerca solo un po' di sana catarsi per scrollarsi di dosso la prevedibile quotidianità e per affrontare meglio altre paure molto più concrete, come arrivare a fine mese. È pur vero che la signora vive in un mondo dove i comportamenti paranoici sono la regola ma, domandiamoci, quanta parte hanno i media in questa follia quando esasperano i fatti sino alla loro mistificazione? Fate voi, ma tenete presente che i comportamenti sociali di massa (oddio è piuttosto ottimistico associare la parola massa all’universo letterario) non si producono per accidenti casuali.
     Ad ogni modo questa era solo l’elefantiaca premessa all’argomento del post che riguarda la tendenza a standardizzare la scrittura creativa. Ripeto, la cosa che più ricorre nelle recensioni degli esordienti sono le critiche sistematiche ai difetti linguistici e stilistici di chi non segue un  protocollo preciso.
     Permettetemi un inciso. Quando ero ragazzo guai a fotografare sfuocando, contrastando, a usare i toni alti ecc. Poi cresci e ti rendi conto che i grandi fotografi se ne sono sempre fregati bellamente delle regole e fanno quello che vogliono, purché il risultato lasci senza fiato o abbia un senso estetico. Ecco nella letteratura è lo stesso: i grandi se ne fregano delle regole. Ciò non giustifica, né autorizza, tutti gli altri a credersi dei geni solo perché fanno come loro. Si tratta di un sillogismo imperfetto e vale solo se si ha la consapevolezza di aver infranto le regole dopo averle padroneggiate pienamente.
     In rete ho rimediato un post firmato cosmopolitica che riporto di seguito in quanto mi vede totalmente d’accordo. Sono sicuro che io non avrei potuto pensare a niente di meglio. È il commento alla solita lamentazione della mancanza di “professionalità” degli scrittori cosiddetti esordienti:
“Con questi criteri utili ma generici, la maggior parte della grande letteratura che leggiamo e a cui ci ispiriamo sarebbe rimasta nel cassetto, ignorata da lettori e critici. Questi sono i consigli che si darebbero a chi deve scrivere un tema a scuola o un racconto per una scuola di scrittura creativa. Il punto più esilarante sono le interminabili descrizioni degli oggetti. Cosa significa? Mah... basti pensare a un racconto di fantascienza: senza descrizioni che ricreano il mondo funzionale sulla pagina, sarebbe impensabile mandare avanti la narrazione dove sono funzionali anche le parti descrittive. E una fiction che punti sulla creazione di un mondo attraverso uno stile peculiare, non so, tipo le descrizioni in un romanzo come Vita di Pi? O il Castello di Kafka? Altra cosa ridicola: usare pochi aggettivi e pochi avverbi: l’incipit di Absalom, Ablsalom! di Faulkner ha ben cinque aggettivi che connotano il pomeriggio di Settembre con cui si apre la narrazione: bellissimi, esagerati, evocativi. Il mio suggerimento: leggere gli scrittori bravi e riscrivere, riscrivere, riscrivere. La lingua è la base del romanzo. Senza un lavoro serio sulla lingua, meglio darsi alla pubblicità, o al taglio e cucito, attività dignitose di certe opere pubblicate oggi con lavori di editing a tavolino per livellare tutto come in una catena di montaggio. Con buona pace per i dispensatori di consigli. E poi, è mai possibile che i personaggi debbano essere sempre più ignoranti dei lettori? Il bello della lettura (e della scrittura che la sollecita) è proprio il suo carattere di sfida nei confronti del testo.”
     Insomma i grandi si permettono cose che i piccoli non possono fare, perché sarebbero sanzionati. Questo che cosa vuol dire? Che lo scrittore sconosciuto debba scrivere secondo uno stile omologato sino al giorno quando, diventato “importante”,  anche lui potrà finalmente cominciare a trovare la sua diversità, la sua strada, il suo stile? Un’assurdità, perché nel mare magnum dell’indistinto chi potrà emergere sarà sempre chi sarà aiutato dalla fortuna letteraria. 
     Mi vengono in mente il fiore nel deserto e la gemma in fondo al mare che nessuno vedrà mai di cui parla Thomas Grey nell’Elegy.  Per permettere ad alcuni di avere fortuna certa è giusto rischiare di perdere per sempre i messaggi di altri? Non è forse meglio che, come stanno le cose oggi, tutti abbiano democraticamente la possibilità di gettare il proprio contributo, la propria testimonianza,  nel mare magnum e lasciare che le cose vadano come devono andare, perché non si sa mai cosa ci riserva il futuro? 
     Lo so, è un po’ romantica questa visione del destino dei libri, però perché non consentire a chicchessia di pubblicare i proprio pensieri e magari di sognare. Da biasimare sono semmai coloro che sfruttano l’ingenuità, come gli editori a pagamento e tutta una serie di nuovi ribaldi approfittatori che offrono servizi di ogni tipo per alimentare questa sorta di fiera delle vanità. 
    Mi aspetto commenti pour parler e non per far polemiche. Ci aggiorniamo.


La Casa delle Madri di Daniele Petruccioli

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