Questo
blog per ora è così poco frequentato da permettermi di scrivere un po’ a
random. Me la canto e me la suono insomma. Per forza di cose, visto che anch’io
ho deciso di fare questa esperienza, mi trovo a frequentare pagine dove viene
trattato l’argomento degli scrittori indie. Ultimamente mi è capitata la
risposta arrogante di un giornalista, di quelli invitati come opinionisti a
scaldare le sedie della RAI, in quelle trasmissioni che almeno a me fanno
rimpiangere il denaro sborsato per il canone obbligatorio. Alla domanda della
ragazza che chiedeva come potesse un esordiente avere la certezza di essere
letto e valutato onestamente, il giornalista rispondeva con la solita spocchia
di chi si sente in posizione one-up, dando anche dell’ignorante alla ragazza
per aver scritto in una lingua colloquiale, che le case editrici non leggono
perché quello che arriva è tutta robaccia.
Insomma
il mestiere di scrivere è destrutturato e non prevede percorsi di
apprendistato, la fortuna letteraria è la summa delle tre scimmiette, eppure
nuovi scrittori vengono pubblicati ogni giorno. Dunque qual è il criterio della
fortuna letteraria? Perché solo alcuni ci riescono e i più non vengono neppure
presi in considerazione? Di sicuro l’aspetto economico è importante. Le case
editrici sono aziende e devono sottostare alle leggi dell’economia aziendale.
Va bene, lo capiamo. Passi pure che per questa valida motivazione in tutte le
librerie troveremo Fabrizio Corona (Fabrizio chi?) in copertina. Tuttavia ci
viene il dubbio che chi detiene il potere della Cultura (perché decidere che
cosa i lettori possono leggere e cosa no è potere), mostri i muscoli e non
lasci scampo all’alternativa, alla ricerca, alla sperimentazione (riuscite ad
immaginarvelo un giovane Chuck Palahniuk che presenti il
suo manoscritto in Italia?). In realtà qualcosa riesce a
passare dalle maglie del setaccio, ma solo se chi lo fa si avvale di un
portfolio togato, possibilmente una cattedra universitaria.
Per
motivi di lavoro in passato mi sono avvicinato al mondo letterario quel tanto
da conoscere scrittori e lavoratori dell’ambiente editoriale. Da quel che ho
visto per diventare scrittore ci sono
solo tre strade. La prima è quella di essere presentato e raccomandato da un
potente, la cui fama sia consolidata da tempo. A questa tipologia appartengono ovviamente
anche le amanti e gli amanti e ad una sottocategoria gli amici e gli amici
degli amici. Alla seconda categoria appartengono i professori universitari.
Fate un rapido controllo e vedrete quanti sono. Ricordo di aver fatto parte di
una giuria di lettori e di essermi dovuto sorbire un’ora di lezione di
narratologia da un assistente (allora) universitario, il quale citava tutti quei
testi che ogni studente di Lettere si è già dovuto sorbire, come se fossero
perle di saggezza. Questa categoria è potente e si avvale di una rete di
alleanze straordinaria. Alla terza appartengono i giornalisti. Per loro è gioco
facile scrivere e trovare agganci per pubblicare. Questa potrebbe essere una
delle porte di servizio per pubblicare e non ci sarebbe nulla da eccepire,
considerato che per fare il giornalista devi conoscere la lingua italiana,
avere una buona cultura di base e superare anche un esame. Quello che però a me
lascia un po’ perplesso è che lo stile del giornalismo di oggi diventa sempre
più standardizzato e la lingua è così tanto filtrata da far sembrare gli
articoli dei giornali tutti uguali o scritti dalla stessa persona. Magari in
futuro useremo dei giornalisti robot. Naturalmente esagero. Saprei riconoscere
Gianni Riotta anche se non firmasse gli articoli. Comunque sia questo modo di
scrivere, pulito e standard finisce per essere il paradigma su cui si basa il
giudizio della scrittura di tutti gli altri e questo è purtroppo limitante.
Così la lingua dello scrittore medio italiano è garbata, corretta come quella
della maestrina dalla penna rossa, ma piatta e votata a far da spalla al
contenuto.
Fioriscono
siti che insegnano a scrivere. Ti suggeriscono di non mettere avverbi in mente,
di non usare troppi che ecc. Mio dio ma io ho messo troppe parentesi! Insomma D’Annunzio
non sarebbe mai passato e sì che lui ha scelto un’altra strada possibile: lo
scandalo. Oggi per vendere libri si pubblicano sempre più colori sexy. I libri
porno vanno di moda, ma vaccinati come siamo temo si leggano più per l’intrattenimento
che per la curiosità morbosa e libidinosa di sapere di più sull’argomento.
In
definitiva gli scrittori indipendenti esistono perché siamo entrati nel mondo
digitale dove tutti possono dire tutto, ma anche dove ci si può democraticamente
esprimere, dove se pensi di avere qualcosa da raccontare agli altri lo puoi
fare, magari a patto di non aspettarti giudizi di valore.
Toc
toc. Is anyone at home? Scusate la citazione. Morivo dalla voglia di usarla da
qualche parte. Qualcuno ha qualcosa da dire in proposito? Non c’è da essere per
forza polemici. E’ sufficiente portare la propria esperienza. Mi spiace di non
poter esprimere la mia con nomi e cognomi, ma non mi sembra di aver scritto
nulla che già non si sapesse. Vi aspetto.
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