giovedì 18 aprile 2019

Paragrafo. Uso dei paragrafi. Paragrafare.


Dobbiamo partire dalla premessa che andare a capo è uno stacco importante. Il versus è infatti l’accapo e secondo Jean Cohen nella Struttura del linguaggio poetico è ciò che distingue la poesia dalla prosa. Secondo lui la prosa è una linea continua che potrebbe andare avanti all'infinito e che va a capo solo perché la pagina finisce. Quindi quando paragrafiamo facciamo una pausa imprecisata, ma in teoria lunghissima.
In poesia il verso ha la stessa funzione imprecisata. Ungaretti quando leggeva le sue poesie faceva delle pause  tra suoni e sillabe, che poi diventavano davvero lunghe tra un verso e l'altro e spesso, come è noto, i suoi versi consistevano di  singole parole.
Questo vuol dire che bisogna considerare il paragrafo come un'entità finita (all’interno di pause indeterminate), un po’come se fosse una sola riga dalla quale occorra un’interruzione prima di saltare a quella successiva.
Naturalmente la poesia ha esigenze metriche di musicalità che la prosa ha in maniera ridotta tant'è da risultare molto più facilmente traducibile nelle altre lingue.
Sia ben chiaro: io non mi invento nulla. Coloro che citano in continuazione fonti autorevoli lo fanno per due ragioni: o sono spocchiosi e vogliono esibire saccenteria oppure non vogliono sembrar presuntuosi e si servono delle citazioni per mostrare che tutto il sapere viene da qualche parte. Ecco diciamo che mi schiererei volentieri coi secondi con la aggravante di avere la memoria del pesce rosso, ragion per cui evito di fare la ricerca nel dimenticatoio del mio patrimonio di nozioni. Nulla inventa nulla. Tutti rielaboriamo ciò che apprendiamo. Io non faccio neppure quello.
Dunque qual è la regola per confezionare bene un paragrafo? Ormai sulla rete troverete le tante risposte a questo quesito, ma diciamo che una regola rigida non c'è. Un po’ come si fa per l'uso del punto, l'uso dipende da quando intendiamo finito il discorso, che coincide in genere con un'idea o un argomento, con un ambito che si chiude.
Come vedete io ne faccio un gran uso. Una volta li usavo molto meno. Che cosa mi ha fatto cambiare? Diventare un lettore seriale. Siccome leggo molto mi sono reso conto che è meno faticoso leggere con pause frequenti piuttosto che leggere intere paginate di frasi. Qualche volta andare a capo può sembrare eccessivo perché l'argomento tra i due paragrafi è lo stesso, ma sta a chi scrive sentire il contrappunto di informazioni che i messaggi veicolano e usare soggettivamente lo strumento paragrafo.
Nel mio romanzo Tu l'hai visto Easy Rider? ho cercato di andare a capo il più possibile, magari isolando alcuni concetti in un paragrafo di un solo periodo.
Mi sono reso conto sin dall'inizio che ambientare un romanzo nel 68 e dintorni avrebbe creato problemi di pesantezza e oggi sembra che nessuno voglia più leggere fiction impegnativa, a parte la saggistica ovviamente, che però ha la sua nicchia di cultori intellettuali. Anche se ho evitato con cura le pastoie delle ideologie politiche, a costo di rasentare il qualunquismo, alla fine almeno il sapore di un periodo storico vissuto dalle personae da me create dovevo pure mettercelo. I risultati poi sono alla mercé della critica. Come sempre a mia discolpa posso solo dire di averci almeno provato (adesso è l'ora che vada a capo.)
Non so se aver impestato il libro di paragrafi possa aver alleggerito certe parti più impegnative. Mi auguro di sì. Contavo sul fatto che a metà del libro il lettore dovrebbe essere già abbastanza coinvolto nelle storie dei personaggi da desiderare di sapere come sarebbe andata a finire. Per una lettrice è andata esattamente così, ma vincevo facile perché era mia moglie. Attendo sempre tanti feedback così da essere in grado di farmi un'idea più precisa.
Il testo è in lettura presso un editore perché desidero dargli un aspetto cartaceo.
Vedete, per quanto ti sforzi di essere avanti e di preferire l'informatico al cartaceo alla fine, e qui casca l'asino, non ti sembra di aver pubblicato nulla se non è fatto di pagine fruscianti. Sono datato!

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