Mi decido a riaprire un’altra parentesi sulla mia relazione
con la parola scritta e lo faccio dopo mesi di lavoro sulla pagina bianca da
cui sono saltati fuori due libri attualmente in cerca di editore.
Il primo è un
romanzo per ragazzi, un misto di favola e fiaba, una suggestione che mi
frullava in testa da molto tempo.
La mia terra è ricca di leggende e di strane
creature che la imparentano con la tradizione celtica d’oltralpe. I racconti
popolari ne sono pieni e ci sono alcuni luoghi che più di altri trasudano
magia e voglia di irrazionale. Il secondo è il racconto della vita degli ultimi
animali da compagnia che sono entrati in casa mia e della loro interazione
con gli umani che vi abitavano. Questo romanzo di più voci narranti, che si alternano in forma
diaristica, è stato la cura per elaborare la perdita di tutto l’amore che
ho ricevuto negli anni. Di questi romanzi avremo modo di occuparci dopo che
saranno, se mai, pubblicati.
Perché proprio ora? Quale la causa scatenante per la ripresa
di un blog che nessuno o quasi legge, almeno secondo il numero dei commenti?
Semplice, Tu l’hai
visto Easy Rider? è prossimo alla stampa. Presto dovrei ricevere il
risultato dell’editing.
A questo proposito due cose sulla figura dell’editor mi
piacerebbe scriverle. L’editor è utile, non indispensabile. A me fa di sicuro
comodo, perché anche se io stesso sono stato editor per un breve periodo
giovanile, quando si è così presuntuosi da pensare che come scrivi tu non
scrive nessuno, sono così distratto che, pur dopo numerose letture, c’è sempre
qualcosa da sistemare o da correggere.
Mi stupisco quando qualcuno mi fa notare le mie sviste e so
che non mi sarebbero passate inosservate leggendo un testo altrui. Tuttavia
sono quanto di più distante da un maestrino dalla penna rossa, che corregge
ogni cosa che non sia canonico. Ci sono errori che nei registri giusti vanno
bene così e danno colore al grigio della grammatica. Fanno bene gli inglesi a
distinguere tra mistakes ed errors. I secondi sono da evitare, fanno
raggelare il sangue, mentre i primi sono peccati veniali che pescano nel linguaggio della strada. Purtroppo a leggere quel che afferma il popolo “saputo”
dei social, ogni minima deviazione alla norma, una qualche curvatura stilistica
tangente all’ortodossia, viene criticata aspramente con il massimo disprezzo.
Naturalmente più i consensi si accumulano durante il linciaggio e più l’effetto
catartico dei defensor fidei della lingua italiana, sarà appagante.
La lingua italiana, come tutte le lingue, si evolve o
comunque si modifica proprio per gli errori d’uso, e non c’è niente che si
possa fare, rassegnatevi. Mi pare che anche Tullio De Mauro fosse comprensivo
da questo punto di vista.
Vorrebbero quei detrattori scrivere ancora come il Tommaseo
di Fede e Bellezza? Lui di lingua
italiana se ne intendeva davvero! Però chi lo regge più Fede e Bellezza! Persino il comodino, sul quale lo avete posto per
leggerlo prima di addormentarvi, alimentando qualche speranza di un sonno
precoce, potrebbe franare sotto il suo
peso!
Chissà se è vero che tutti tipi di violenza hanno radici
nelle profonde frustrazioni dei recessi dell’io! Lascio la cosa a chi ne sa più
di me, ci manca anche di fare gli psicologi! Anche per questo c’è Facebook.
Prima di perdermi in piacevoli digressioni, per me solo naturalmente
ma tanto chi mi legge!, riacchiappo il filo logico del discorso.
E se il mio
editor fosse un giovane purista neolaureato o se fosse uscito da poco da uno di
quei corsi nei quali impari un prontuario di dettami rigidi sul ‘così va bene e
così no’? Già vedo la descrizione che ho corretto una decina di volte,
soppesando le sillabe manco fosse stata poesia, tutta piegata alle regole del
bon ton grammaticale. Ora sono al di qua della staccionata e giuro di pentirmi di
avere duellato con un autore per un caracollare di troppo o della necessità
della paratassi. In realtà duellavo di più per i contenuti che non per la
forma, perché da sola la forma è solo un bel vestito della domenica.
Ricordo un romanzo che era una serie di eventi e privo o
quasi di descrizioni, di atmosfere. Avevi voglia di dire che ciò che si stava
sviluppando in quel capitolo, dove il grande parco era il collante delle
vicende, avrebbe trovato giovamento da una maggiore attenzione alle atmosfere in
sintonia coi personaggi. Tutto inutile. Gli autori si battono come leoni per un
aggettivo, figuriamoci per delle descrizioni. D’altra parte D’Annunzio non
lesinava qualificativi, perché dovrebbero loro?
Dunque dovrò perdere tempo a discutere su correzioni che non
approvo? Non sono così presuntuoso da non saper vedere quando qualcosa funziona
meglio di come l’avevo pensato io! Anzi, non finirò mai abbastanza di
ringraziare chi mi ha fatto notare certe cose e mi ha corretto le bozze dove io
avrei lasciato perdere, ma resto ancora un po’ perplesso. Intanto un editor
deve per forza trovare qualcosa da modificare, altrimenti viene meno la sua funzione e il suo stipendio, poi la sua preparazione di
base, se non è suffragata da una marea di letture e una sensibilità che va
oltre ogni tecnica, è fatta di tassonomie classificatorie degli errori che rischiano
di appiattire il linguaggio, di omologarlo ad uno standard prefissato di una
qualche accademia. Questo forse può andare bene per il linguaggio giornalistico,
ma poi si sente dire in giro che ormai gli articoli sembrano tutti uguali. Per
forza se si usano i codici in modo pedissequo e non li si piega alla
personalità di un individuo!
Andando avanti così sarà sempre più facile che siano le
intelligenze artificiali a scrivere i romanzi. I migliori ghost writers! Lo
scrittore dovrà solo stendere un ordito imperfetto e i computer completeranno
la trama con una vasta gamma di eventi e descrizioni in un linguaggio
ineccepibile. Lo scrittore potrà sempre provare con altre variabili se non sarà
soddisfatto, così come facciamo con le foto del cellulare quando scegliamo quale
sarà il migliore effetto tra una serie di opzioni.
Bene, avrei finito di scrivere il mio apporto di sciocchezze.
Se qualcuno volesse unirsi a me, senza
polemiche però, per favore perché le cose che scriviamo qui non servono a cambiare
il mondo, sia il benvenuto!
Poi magari, chissà!